La Casba de Milan

                                        Il passato di un quartiere con troppo futuro.






Un viaggio nel tempo. E' questa l'impressione quando si passeggia per il quartiere Isola a partire dal cavalcavia Eugenio Bussa, sopra i binari della Stazione di Porta Garibaldi. Da un lato il futuro: spazi verdi, aree pedonali e soprattutto grattacieli prestigiosi, tra i più alti di Milano e d'Italia. Se invece si guarda in direzione di via Borsieri, all'altra estremità del cavalcavia, l'orologio gira a ritroso nel tempo e ci porta nel passato di Milano. Oggi scelgo questa direzione ostinata e contraria.

L'Isola era detta così perchè isolata dalle altre zone della città. La ferrovia per Torino e Venezia interrompeva la continuità dell'antica via Comasina. Il naviglio Martesana,interrato sotto l'odierna via Melchiorre Gioia chiudeva un altro lato. Infine una serie di cascine ne delimitava i confini, piccoli borghi rurali dentro il borgo, con tanto di animali da cortile, prati coltivati e chiesetta annessa alla corte. L'antico complesso monastico Cascine delle Abbadesse ne era un tipico esempio. Infine ai confini estremi la palude ( il Fontanile) e oltre l'odierno Pazzale Maciachini distese di prati, campi di grano, pantani.

                                                              Santuario Santa Maria alla Fontana                                                     

Anche in anni più recenti alle spalle delle fabbriche regnava il silenzio e alcune vie la sera divenivano gli impraticabili viottoli dei balordi. L'architettura delle case di ringhiera dell'Isola, i lunghi cortili, gli anfratti, i davanzali e soprattutto l'omertà dei residenti offrivano facili vie di fuga ai malviventi; al tempo degli Austriaci qui si sarebbe nascosto anche Garibaldi. Un suo busto di bronzo detto El Negher (di sporcizia) si conservò a lungo nel cortile di un palazzo.

 Il quartiere contadino dell'Isola divenne poi industriale, sede di importanti fabbriche tra Confalonieri e de Castillia, di stabilimenti come la Izar, specializzata in schiscette militari e bombardata come mezza città nell'agosto 43, di botteghe di strumenti musicali antichi, di trasporti Gondrand, della pubblicazione americana allora più diffusa al mondo dopo la Bibbia, quella del Reader's Digest, il cui palazzo in via Alserio è ora in disuso.

Intorno alle grandi fabbriche vita popolare e lotte operaie, partigiani e preti come il giusto Don Eugenio Bussa, parroco del Sacro Volto che salvò molte vite in pericolo di giovani ebrei; lo conobbi quando, bambina, giocavo nell'oratorio di S Antonio.

                                                                 Il mercato in Lagosta-Garigliano                                                 

In quegli anni, e prima e dopo, il quartiere era un brulicare di osterie; in 150 metri nella sola via Borsieri se ne allineavano nove e nelle mattine di festa i padri di famiglia, compreso il mio, dopo giornate di duro lavoro in fabbrica vi si riversavano dandosi al bere, al gioco, alla compagnia. Nei caffè aveva la sua base la mala milanese cantata da Gaber e Nanni Svampa, che spadroneggiò fino a tutto il 1945 con imprese sanguinarie.

 E poi tanta musica. Si cantava alla Filocantanti e fin dai primi del 900 nelle osterie si ballava il tango, importato fresco dall'Argentina. Un filo mai interrotto, dalle vecchie osterie - dove sono passati artisti come Natalino Otto, Bramieri,Jannacci - a veri laboratori di musica e di teatro, come il Verdi e la Sala Teatro Fontana, ancora attivi, sino alla Casba di oggi, intesa come spazi multietnici dove vivere e divertirsi per diffondere arte, musica, cultura e spettacolo, con i tanti Caffè e locali come il Blue Note Jazz Club e le numerose associazioni culturali, volte all'integrazione dei cittadini stranieri.

                                                                 Fonderia Napoleonica Eugenia

I comitati di quartiere proteggono i luoghi di archeologia industriale, come la Fonderia Napoleonica Eugenia, adiacente al santuario di Santa Maria alla Fontana, fondato nel 1806 dai fratelli Manfredini in onore del vicerè d'Italia Eugenio di Beauharnais. Qui sono state forgiate le campane del campanile di S. Marco di Venezia e i portoni del Duomo di Milano. Oggi ospita concerti, mostre, eventi culturali e, nel periodo natalizio, anche il mercatino più green della città.

                                                                    Un murales del quartiere

 Oggi l'Isola è anche la sede di numerosi negozi, botteghe artigianali, piccole gallerie d'arte, librerie e laboratori per bambini. Ci vivono molti giovani.

                                                              Botteghe vintage in via Thaon de Revel

Questa trasformazione, per quanto meno vistosa, mi pare più solida e con radici più profonde rispetto ai nuovi grattacieli, immagine del capitalismo globale. Per questo credo di aver guardato nella giusta direzione. Quest' Isola è ancora una comunità e farne parte comporta l'impegno di tramandarne il ricordo per attraversare quei binari sul ponte verso il futuro del quartiere, diventato più caotico ma ancora ricco di scorci imprevedibili e a volte bellissimi.

S.C.
( Medium.com)

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